sopravvivere a una amore finito

Sopravvivere all’ amore finito e agli affetti scomparsi

sopravvivere a una amore finito
Amore finito: idea per sopravvivere

L’esperienza ci insegna che è difficile raddrizzare il legno che si è storto dopo aver chiuso una storia d’amore o aver perso qualcuno, che non c’è un modo giusto per affrontare un lutto o lasciarsi, ma c’è un modo per sopravvivere e tenersi.

C’è una storia nata da una delle idee più semplici e potenti viste in rete: é un tumblr, si intitola The last message received e l’ha creato  anni fa una quindicenne (oggi diciottenne). Emily Trunko ha fatto qualcosa di simile a quello che François Truffaut ha raccontato nel film La camera verde, e cioè ha creato uno spazio dove ciascuno può raccontare le persone che ha amato e che non ci sono più. La ragazza pubblica gli ultimi messaggi ricevuti da amanti scaricati, figli d’improvviso orfani, mogli vedove, amici rimasti soli.

La fine nella tecnologia
The last message received conta 10.000 messaggi e 83mila followers. Le foto di schermi di telefoni raccontano storie così:

È vero. Pensare a te mi fa sorridere davvero tanto
Amore, ti amo
È morto qualche giorno dopo per un’overdose

O così:

Non sei più venuto. Perché?
Perché non ti amo più.
Ogni giorno per un mese l’ho invitato a vedermi recitare. Lui diceva che sarebbe venuto perché è questo quello che gli amici fanno, ma non lo ha mai fatto. Gli ho chiesto perché e questa è stata la sua risposta.

La cosa più sconvolgente di queste storie non sono le storie. Dal momento che sono millenni che nasciamo e ci amiamo, sono millenni che moriamo e ci lasciamo. La cosa che disarma è il freddo nel ricevere o inviare un messaggio: e se fosse l’ultimo anche per noi? È una spia dei giorni che viviamo: lasciamo molte più tracce che in passato, moltiplichiamo i ricordi, e moltiplichiamo anche il dolore che lasciamo dietro di noi. Tutta la nostra vita online è una bolla, passiamo le giornate a soffiarci dentro. Abbiamo bisogno di anticorpi per quando le bolle esplodono.

Amore finito e adattamento

Ciascuno trova il modo di fare i conti con una perdita e una cosa che accomuna molti è il tentativo di cancellare le ferite, o meglio: di ripulirle. (...) Per tenere lontana la sensazione di morte... Strofinare e fregare, raschiare e lustrare. (...) Pensiamo che tutto quello che è stato distrutto, può essere ricostruito. Tutto. (...) Ci si trova a compiere gesti ossessivi, come tante altre persone in situazioni simili. Puliamo le ferite affinché non si incancreniscano e mettano in pericolo altre parti del corpo, della psiche, della famiglia. Negli anni i nodi si possono sciogliere, possono cominciare a tornare i ricordi, gli oggetti e le parole. Abbiamo una concezione circolare del tempo che fa precipitare passato e futuro nel presente, in qualcosa che è simile a un abbraccio costante con chi ci ha preceduto, per sopravvivere agli amori finiti e agli affetti scomparsi. Quel che è tenuto Molti pensano che viviamo rotture e lutti sempre peggio a causa della tecnologia. Lo scrive l’antropologo Franco La Cecla,  in Lasciarsi: “Se gli addii vengono mediati da telefoni, email, sms, la loro natura si riduce e parzializza, non abbiamo a che fare con la persona intera, ma con un suo surrogato e gli addii diventano surrogati di un addio”. Forse (...) si chiama evoluzione, e che già in passato l’uomo ha dovuto adattarsi a tecnologie che hanno modificato il proprio modo di vivere e amare, lasciarsi e piangere i propri morti. Lo hanno fatto la scrittura (ci si è lasciati attraverso lettere che devono essere state crudeli, anche se oggi ci sembrano più romantiche di un messaggio su WhatsApp), o la cremazione (l’idea di incenerire il proprio corpo era ritenuta abominevole fino a poco tempo fa). E oggi ci sembra accettabile chiudere una relazione usando il telefono. Quello che ci serve sono nuovi anticorpi: arriveranno.  Nell’attesa, per "sopravvivere" il tempo resta la variabile centrale nella fine di un amore o di una vita. “L’idea di un tempo uniforme entro il quale tutti gli eventi possano collegarsi temporalmente dipende dalla capacità di sintesi della mente”. (Berger) Sembra paradossale voler guarire le ferite dell’amore con l’amore, ma forse è più semplice se ci immaginiamo con una bilancia in mano, e immaginiamo che il peso possa essere l’unità di misura della pienezza di una vita. Gli amori storti, sbagliati, finiti ne faranno parte, così come le persone a cui abbiamo voluto bene e che sono morte, le nostre giornate potranno dirsi piene se riusciremo a tenere tutto nella bilancia. (...) Note di Articolo comparso sul quotidiano Internazionale, il 13 febbraio 2016, scritto da Giuseppe Rizzo, giornalista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.